Tolta la patente a ciclista ubriaco: strafalcione legislativo
Ciclista ubriaco tolta patente. Trovo questa notizia e ne approfitto per esprimere la mia idea su un tema cosi sentito e spinoso. Io credo che tutti noi siamo d’accordo nell’affermare che non deve essere permesso a un ubriaco di guidare un’auto. Credo che sia giusto e doveroso controllare lo stato di sobrietà delle persone al volante, mi sembra che a volte ci sia un accanimento eccessivo. Catalogare le persone può essere pericoloso e negativo e soprattutto avere qualcuno da combattere può scatenare atteggiamenti e reazioni poco civili.
Ma veniamo al fatto. In quel di Treviso è stata ritirata la patente a un trentanovenne marocchino che è risultato positivo all’esame alcolimetrico con un tasso alcolico ben 5 volte maggiore del limite consentito. Niente da eccepire, peccato che non guidava l’auto ma era in bicicletta.
Sorge spontanea la domanda. Se io dovessi bere qualche bicchiere in più e decido, in un momento di lucidità, di lasciare l’auto e andare a piedi. Trovo le forze dell’ordine che mi fermano mentre cammino lungo la strada e verificano che ho un tasso alcolico elevato. Mi tolgono la patente?
Allora mi chiedo vogliamo che le persone non guidino l’auto in stato di ebbrezza o che nessuno si ubriachi o beva qualche bicchiere in più?
La mia provocazione vuole essere un momento di dibattito di un tema estremamente sentito sia da chi consuma, che da chi produce e “spaccia”.
Non possiamo vantarci di essere il paese dove si produce la maggiore quantità di vino al mondo e penalizzare in modo estremo il consumo. Il legislatore, in special modo in Italia, cavalca le emozioni. Costruisce le campagne stampa per ottenere il consenso degli elettori. Promuove leggi che giustamente puniscono chi trasgredisce ma non forniscono la fondamentale educazione tengono conto del contesto sociale.
Tutto ciò ha provocato una diminuzione dei consumi di vino.
A conferma di ciò in una recente ricerca della Coldiretti emerge che
: “…in Italia, in trent’anni, il consumo di vino si è praticamente dimezzato. Si è scesi a meno di 40 litri a persona per un totale inferiore ai 21 milioni di ettolitri. Nel 2011, per la prima volta, si è addirittura bevuto più vino italiano all’estero che in Italia, per effetto di un aumento del 16 per cento delle esportazioni e di una sostanziale stabilità degli acquisti familiari (-1 per cento)”(http://www.coldiretti.it/News/Pagine/150—23-Febbraio-2012.aspx).
So di entrare in un argomento scivoloso ma il mio obbiettivo è quello porre sul tavolo una serie di quesiti e contraddizioni. Al fine di coinvolgere tutti coloro che vogliono contribuire con le proprie esperienze a trovare un momento di positività e di risoluzione alle problematiche quotidiane.
La ricerca Coldiretti ci fornisce un apporto importante per affrontare gli usi e costumi profondamente cambiati in questi ultimi anni:
“…Dalla ricerca emerge anche la crescita, fra i giovani e i giovani adulti, del cambiamento dell’abitudine al consumo di superalcolici. Meno vino e più aperitivi e amari, che implicano spesso consumi lontano dai pasti e con frequenza occasionale.
Il forte calo nelle quantità di vino acquistate dagli italiani è stato accompagnato da un atteggiamento al consumo più responsabile. Negli ultimi dieci anni ha avuto un’accelerazione soprattutto nelle ristorazione. Oltre al cambiamento delle abitudini alimentari, la domanda è calata per le campagne antialcol e per la stretta sulle norme del codice della strada che hanno colpito indiscriminatamente anche il vino.
Una “diseducazione” verso un prodotto consumato prevalentemente durante i pasti che non ha nulla a che fare con i binge drinking del fine settimana…. ”.
La conclusione a tutto ciò mette in evidenza che “…il vino può essere oggi l’espressione di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi e da contrapporre proprio all’assunzione sregolata di alcol, un cambiamento che occorre riconoscere per evitare il rischio di una dannosa criminalizzazione….”
Il vino espressione di uno stile di vita come piacere del palato e soprattutto della nostra mente
.“Bere per ricordare, anziché bere per dimenticare”. Il vecchio detto che consigliava di affogare i dispiaceri della vita nell’alcool oggi non è più praticabile. Si beve per ricordare ciò che si è bevuto. Per aumentare la nostra cultura sulla tipologia di vino, delle differenze determinate dall’annata, dalle caratteristiche espresse dall’azienda produttrice, dalla storia che circonda il vino. Infine per apprezzare le varie caratteristiche organolettiche e le differenze fra le varie tipologie. Il piacere di conoscere e capire è la grande differenza culturale.
A volte la cultura ci avvolge e veniamo ammaliati da qualche cl. in più, ma quanto possiamo bere per non eccedere? O come possiamo bere? Esistono dei calcoli che ci indicano secondo l’età, il peso e altri parametri quanto espresso in bicchieri possiamo bere. Se da un punto di vista teorico questo calcolo potrebbe funzionare ho potuto accertare che è tutto molto soggettivo.
Nei miei numerosi corsi di conoscenza al vino questo interrogativo era particolarmente sentito. Per avere una risposta ho voluto sviluppare la conoscenza delle reazioni del corpo umano con l’assunzione di bevande alcoliche. Nella cena post corso abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con un etilometro ufficiale dei vigili urbani. Ho potuto verificare la risposta di ognuno dei presenti durante la cena. Si sono ottenute le risposte più varie. La maggior parte dei presenti dopo il primo bicchiere presentavano valori al limite. Solo poche persone anche dopo aver bevuto più dei bicchieri “calcolati”, rientravano comodamente nei parametri.
Questa esperienza mette in evidenza come dice la medicina:
“… è difficile prevedere in quanto tempo una persona, dopo una bella bevuta, eliminerà tutto l’alcool accumulato. Difficile calcolare in quanto tempo smaltirà una sbornia o potrà tranquillamente rimettersi alla guida di un veicolo senza temere i controlli o peggio correre rischi per sè e per gli altri. Si può però prevedere che un bevitore occasionale sarà più lento a metabolizzare rispetto ad uno abituato. Un fegato sano sarà più veloce a metabolizzare di uno malato e così via….”.
Credo sia importante che ognuno di noi sappia quali siano i limiti nei quali poter avere il piacere di degustare qualche bicchiere di vino senza vivere con inutili ansie. E’ augurabile che produttori, ristoratori e forze dell’ordine possano confrontarsi civilmente. Cerchino di mettere a punto una strategia che permetta a tutti di fare il proprio mestiere senza antagonismi. Soltanto nell’interessi di quei cittadini che considerano il vino un momento di piacere e di cultura e non uno strumento per fuggire dalla realtà.
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