Nuove modalità di vendita del vino per le piccole aziende

Pubblicato da tellmebubbles il

Il mondo del vino italiano negli ultimi trent’anni è notevolmente cambiato, dalla produzione al packaging sono state fatti profondi e significativi mutamenti. Parallelamente anche il mondo è profondamente cambiato, nonostante tutto ciò il vino, a grandi linee, si vende ancora come negli anni ’80, sostanzialmente non è cambiato molto.

E’ vero che in quegli anni la presenza nei supermercati era ritenuta una caduta di immagine, oggi, invece, le aziende fanno a gara per essere sugli scaffali, è vero anche che per comunicare oggi si utilizzano strumenti molto diversi, frutto dell’evoluzione tecnologica e che il panorama propositivo si è notevolmente ingrandito sia come etichette che come denominazioni.

Nel corso degli anni, aziende grandi o piccole hanno usano gli stessi metodi per far conoscere e vendere i propri prodotti, ma se sostanzialmente trent’anni fa non vi erano macroscopiche differenze, il passare degli anni ha tracciato un solco sempre più profondo tra le due situazioni. E’ difficile stabilire quando un’azienda rientra nella categoria delle piccole, forse è più facile definire quelle che rientrano nella categoria delle grandi, perché le variabili sono numerose e perché un’azienda definita inizialmente piccola, ma con un progetto e potenzialità di espansione, si organizza e struttura come una grande. Più che di effettiva grandezza, forse sarebbe più “consono” definirla “grande” quando la somma dell’organizzazione vendita, numero di bottiglie e eventi occupano gran parte delle risorse aziendali

La crisi in atto ha accentuato questa differenza.

Il mercato italiano è ingolfato di proposte, nei ristoranti le carte dei vini sono sempre più ridotte e le etichette trovano sempre meno spazio nei luoghi di vendita al pubblico, in compenso la concorrenza spinge sempre più giù i prezzi, con “promozioni” capestro. Facendo scorrere le statistiche notiamo che i consumi di vino in Italia negli ultimi dieci anni sono diminuiti del 28%, inoltre dal 1970 ad oggi, siamo passati da 100 litri di vino pro capite all’anno a 35 litri in ulteriore decremento.

L’evidenza della crisi dei piccoli produttori di vino emerge dalle seguenti statistiche (vedi https://tellmebubbles.com/marketing/la-situazione-del-mercato-del-vino) il numero di ettari medi per azienda, negli ultimi vent’anni in Italia, è raddoppiato, mentre il numero di aziende è fortemente diminuito, ciò a indicare che le piccole aziende stanno soffrendo pesantemente, non riuscendo a far quadrare i bilanci. L’aggressiva concorrenza in molte zone ha abbassato i prezzi di vendita. Per vendere le piccole aziende hanno uniformato i prezzi, perdendo marginalità.

Il 50 per cento circa del vino in Italia viene venduto nella grande distribuzione dove, per le piccole aziende è difficile entrare per motivi logistici e di quantità, pertanto rimane il 30% circa del mercato (Ho.re.ca.) che comprende le enoteche, i bar e i ristoranti nel quale si riversano le attenzioni di tutti i produttori. Il mercato Ho.re.ca prevede una struttura di vendita composta da persone, professionisti plurimandatari, che propongono, promuovono e raccolgono richieste di prodotto che, ahimè, per problemi di spazio, di budget, ecc. sono sempre più esegui. Il costruire e seguire una rete vendita, efficace e funzionale, ha costi, oltre che capacità, molto alti da sostenere.

La struttura deve essere seguita e affiancata in modo da fornire stimoli e motivazioni. L’azienda deve monitorare i pagamenti e tenerli sotto assiduo controllo. Occuparsi di far pervenire in tempi e modi adeguati la merce richiesta. Essenziale è presenziare eventi e serate di promozione e di conoscenza con clienti e mass media. Lo sforzo economico e di impegno oltre essere oneroso, può inizialmente non fornire le giuste soddisfazioni, soprattutto se si è nella fase di startup.

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Ma come si può uscire da questa difficoltà?

Come ho detto precedentemente la situazione critica in cui versa il mondo del vino sta imponendo alle piccole aziende di sviluppare altri modelli di vendita, meno costosi, o ugualmente costosi ma più remunerativi. Per prima cosa bisogna avere una strategia, non si può produrre il vino senza avere ben presente come e a chi venderlo, non basta tagliare bisogna innovare, trovare nuove forme per arrivare all’obbiettivo finale. Per far ciò necessita un minimo di investimento e di studio per non gettarsi all’avventura con idee , si originali, ma che poi non trovano riscontro nella realtà. So che a volte è chiedere molto, ma bisogna darsi dei tempi, perché i progetti per ottenere risultati hanno bisogno di tempo, non esiste la bacchetta magica.

Di ciò se ne deve tenere conto, le difficoltà che si trovano nei canali di vendita tradizionali sono numerose, ma per ottenere margini più alti e maggiore fedeltà dai clienti bisogna pensare di aprire alla vendita diretta, stimata oggi intorno al 12% del vino venduto in Italia, mediante diverse modalità come: la vendita online, la vendita in azienda e negli eventi promozionali, ecc.

Una ricerca dell’Università Bocconi ha messo in evidenza che le persone tra 18 e 64 anni che utilizzano internet sono circa 16 milioni in Italia, delle quali almeno dieci milioni sono state individuate come potenziali clienti di vino. Un’attenta analisi che proviene dall’Inghilterra dall’Institute of Grocery Distribuition, afferma che la vendita di vino in UK, nel web entro il 2017 sarà raddoppiata e nella grande distribuzione avrà un incremento del 30% circa.

La Cantina dove spesso si è investito più del dovuto, deve essere un luogo, dove, non solo si elabora il vino, ma dove vi siano spazi per iniziative di diverso genere che spingano gli amanti del vino e non, a vivere, frequentare, godere di tutte le proposte ideate. Dobbiamo trovare motivi per far si che le persone trovino interesse nel frequentare questi luoghi, lasciando al passato l’immagine di templi della misteriosa trasformazione dell’uva in vino. Sarà più facile nelle zone prettamente turistiche, in alcuni casi vi sono aziende che dalla vendita in cantina ricavano gran parte dei loro introiti.

Per nostra gran fortuna l’immagine del “made in Italy” all’estero, soprattutto nell’enogastronomia, ha una grande considerazione. Perché non sfruttarla? I costi spesso e volentieri sono inferiori che in Italia. Non basta la presenza anonima in fiera per ottenere risultati, come sempre queste manifestazioni hanno bisogno di essere preparate.  Prendere contatti con importatori, negozianti, giornalisti ecc. e fissare appuntamenti, quando è possibile. E’ importante fermarsi un giorno in più. Non solo per far turismo, ma per andare a visitare i luoghi di vendita e di consumo del vino per conoscere la realtà, la cucina e le preferenze enologiche.

Mi sembra di fare delle affermazione ovvie, ma forse non è cosi, se i dati mi dicono che in Cina, luogo molto ambito dal mercato italiano, su 100 bottiglie di vino importate 6 sono Italiane e 55 sono francesi allora credo che c’è bisogno di rimboccarci le maniche….


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