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Il perlage non fa rima con qualità (1° parte) – Tellmebubbles

Il perlage non fa rima con qualità (1° parte)

Pubblicato da tellmebubbles il

E’ stato dimostrato che il perlage, le famose file di bollicine che salgono dal fondo del bicchiere verso la superficie per eclissarsi felicemente e ritornare nell’atmosfera, non sono sinonimi di qualità.
I famosi corsi dove ci hanno sempre insegnato che, per valutare la qualità dello spumante in esame bisognasse verificare il numero e la finezza delle bollicine, non ha nessuna veridicità.

In questi articoli descriverò ampiamente tutte le ricerche e le scoperte effettuate per capire e conoscere il fenomeno del perlage, ma soprattutto per evidenziare che non è collegato alla identificazione della qualità. Sconfessando tutti i sommelier che hanno fatto di questo luogo comune, una fede.

D’altra parte, osservatori attenti, avevano già evidenziato che lo stesso spumante, versato in bicchieri della stessa marca, forma, provenienza, evidenziava un numero di catene di bollicine differente da bicchiere a bicchiere e, quindi, un’effervescenza marcatamente differente.

Abbastanza assurda è la presunzione di misurare la grandezza delle bollicine.

Sapete quanto misura una bollicina?  Il diametro medio calcolato è all’incirca di 500 µm vale a dire 500 x 10-6 metri, per intenderci il diametro di un globulo rosso è pari 8 µm.

Siamo cosi abili a vedere ad occhio nudo se in un bicchiere vi sono bollicine di 430 µm e nell’altro vi sono bollicine di 580 µm? Credo proprio di no. Attenzione le bollicine non sono ferme, si muovono con una velocità molto significativa. La velocità che raggiunge nel bicchiere la bollicina è relativa ad una serie di parametri. La forma del bicchiere, la temperatura, la quantità di gas presente e la viscosità del liquido, incidono, comunque si può affermare che la velocità media di una bolla in un bicchiere di spumante metodo classico è di 15-20 cm/s pari a 0,5 Km/h.

[ngg_images source=”galleries” container_ids=”30″ display_type=”photocrati-nextgen_basic_thumbnails” override_thumbnail_settings=”1″ thumbnail_width=”240″ thumbnail_height=”160″ thumbnail_crop=”1″ images_per_page=”20″ number_of_columns=”3″ ajax_pagination=”0″ show_all_in_lightbox=”0″ use_imagebrowser_effect=”0″ show_slideshow_link=”0″ slideshow_link_text=”[Mostra slideshow]” order_by=”sortorder” order_direction=”ASC” returns=”included” maximum_entity_count=”500″]Vi è un altro motivo per il quale valutare la grandezza delle bollicine in un bicchieri è veramente impossibile, oltre che non determinante a dare un valore qualitativo. Dalle ricerche effettuate appare evidente come la bollicina nasce più piccola di quella che troveremo in un secondo tempo in prossimità della superficie. Nel tragitto che compie, più o meno breve, il volume della bollicina aumenta, grazie al gas disciolto nel nostro spumante. Non ce ne siamo mai accorti?

Ma da dove nascono le bollicine?

Prima di rispondere a questa domanda, che ci farà ben capire perché non ha relazioni con la qualità del prodotto, conosciamo meglio le bollicine.

Le bollicine sono costituite da anidride carbonica (o diossido di carbonio) un gas incolore e inodore la sua formula chimica è CO2. Allo stato solido è comunemente chiamato “ghiaccio secco”, ed ha numerose applicazioni in questa forma. Respirare un’atmosfera particolarmente ricca di CO2 produce un sapore acidulo in bocca ed un senso di irritazione nel naso e nella gola; ciò è dovuto al suo reagire con l’acqua per formare acido carbonico. Non è tossico in sé, ma non è respirabile e quindi può provocare la morte per asfissia. La densità del biossido di carbonio a temperatura e pressione ambiente è circa una volta e mezzo quella dell’aria; tende quindi a stratificare sul fondo degli ambienti chiusi e non ventilati.

La pressione esercitata in una bottiglia di spumante, al disotto del tappo è di circa 6 atm. La stessa pressione la ritroviamo a 50 m sotto la superficie del mare.

La quantità di gas (CO2) disciolta in una bottiglia di spumante in peso è di 9 gr per bottiglia (12gr/l)  che corrisponde a 5 litri di gas disciolto. Quando apriamo la bottiglia la pressione che abbiamo all’interno riesce a far saltare il tappo che può raggiungere la velocità di 50 Km/h.  L’apertura porta un nuovo equilibrio e la maggior parte del gas si libera. E’ stato calcolato che quando si versa lo spumante in un bicchiere l’80% di anidride carbonica si libera immediatamente. Solo il 20% ritorna in atmosfera come perlage.

Se vogliamo essere precisi possiamo dire che in una flute che contiene 100 ml di spumante e 0,7 litri di gas può produrre circa 12 milioni di bolle. Tenendo conto che, come abbiamo visto, solo un 20% del gas disciolto produce bollicine e forma quello che viene chiamato “perlage” si potranno formare 2 milioni di bollicine circa.

Per quale strano meccanismo si producono le bollicine?

Più vi sono bollicine che visivamente si liberano e più lo spumante è buono? Più piccole sono le bollicine e più lo spumante è qualitativo? Cercheremo di rispondere a tutto.

Quante volte abbiamo osservato che, in alcuni bicchieri che abbiamo utilizzato, non vi era un perlage per noi sufficiente a farci apprezzare almeno visivamente il prodotto? Nei miei corsi ho sempre sottolineato questa contraddizione. Infatti l’insegnamento era orientato nel valutare l’impatto del gas al palato piuttosto che alla vista.

Gerard Liger-Belair ingegnere, professore di fisica all’università di Reims e consulente per il dipartimento di ricerca della Moet & Chandon studia da parecchi anni il rapporto fisico-chimico delle bolle nelle bevande gassate e per riuscire a evidenziare il loro comportamento ha messo a punto una “telecamera veloce” in grado di filmare dai 200 ai 3000 immagini al secondo, munita di un obiettivo da microscopio con il quale si possono rilevare dimensioni da 2 mm a 200 µm.

Le riprese hanno messo in evidenza come per creare la caratteristica catena di bollicine

ci vuole alla base un punto di origine. Un “sito di nucleazione” dove vi è presente del gas che serva da innesco per creare le bollicine che si aggregano. In un secondo tempo si ingrossano per le legge di attrazione di Van der Waals e risalgono in superficie. Contrariamente a quanto si pensa di solito però i centri di nucleazione delle bollicine non si trovano nei graffi e nell’irregolarità del vetro, perché l’ampiezza dei solchi è molto al di sotto del raggio critico minimo per la formazione delle bolle (0,2 µm)

I siti di nucleazione si trovano invece nelle impurità attaccate sopra qualsiasi superficie di vetro. Gran parte di questi siti è costituito da fibre di cellulosa allungate, cave e grossolanamente cilindriche derivanti da carta o stoffa che si posano sul vetro provenienti dall’aria circostante o rimasti nel bicchiere dopo essere lavato e asciugato.

E’ stato condotto nel laboratorio della Moet & Chandom uno sperimento nel quale in ambiente perfettamente “pulito” con il bicchiere lavato con una particolare tecnica, che vedremo nei prossimi giorni, versato uno Champagne nel bicchiere ha fornito zero bollicine come un vino fermo.

Come potete constatare la qualità non è frutto di ciò che si vede ma forse, come per altre cose, la qualità appartiene a ciò che si percepisce.

Chi vorrà approfondire questo tema troverà prossimamente altri miei interventi nei quali cercherò di  approfondire questo oscuro e poco conosciuto aspetto del mondo delle bollicine.

 

 


2 commenti

Enzo · 19 Settembre 2012 alle 4:30

Molto Interessante…. Complimenti..

    tellmebubbles · 21 Settembre 2012 alle 17:32

    Grazie, prima che un lavoro è una passione che mi spinge sempre di più a conoscere e a sperimentare. Credo che il mondo del vino abbia sempre meno bisogno di luoghi comuni e sempre di più di informazioni che possano aiutare gli appassionati e gli addetti ai lavori a capire e a valorizzare questa “magica” bevanda.

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