Cosa si deve sapere dell’aperitivo (1° parte)
L’evoluzione dell’aperitivo
Nell’epoca moderna dell aperitivo, lo spumante è senza dubbio, il prodotto più consumato. In “purezza” o nei numerosi cocktail che riempiono le offerti dei locali. L’evoluzione sociale e culturale del “bere” l’aperitivo come ha trasformato l’offerta delle “bollicine”? Andiamo a vedere…….
Come nasce l’aperitivo?
Le prime notizie dell’aperitivo risalgono al V secolo A.C. quando, il famoso medico e studioso greco Ippocrate, per porre rimedio all’inappetenza, prescriveva ai suoi pazienti un vino da lui elaborato chiamato: il vinum hippocraticum. In questo vino bianco e dolce, erano state poste a macerare fiori di dittamo, assenzio e ruta, un toccasana per il proprio appetito.
I Romani hanno sempre fatto tesoro della conoscenza e della cultura del popolo greco, e anche in questo caso elaborarono le varie ricette greche di “vino per aperire” (aprire) nel “vinum absinthiatum” (assenziato, con assenzio), dove aggiunsero alla ricetta originale foglie di rosmarino e salvia per migliorarne il sapore decisamente amaro.
Nel Medioevo l’aperitivo era considerato una medicina e, come tale veniva usata. Risultava poco piacevole perché era stato constatato dalla farmacologia erboristica che le sostanze ricavate dalle erbe che stimolavano l’appetito, per la maggior parte, presentavano un gusto amaro e quindi poco invitante.
Una miglioramento notevole dell’aperitivo si ebbe allorché si infittirono i rapporti con l’Oriente. In particolare, con l’importazione di nuove spezie che andarono ad arricchire e a migliorare il gusto delle vecchie ricette.
Noce moscata, chiodi di garofano, cannella, rabarbaro, china, mirra, pepe, ecc. Potevano essere utilizzate solo da facoltosi e importanti personaggi che avevano la disponibilità economica per acquistarli. Per il resto della popolazione non c’era bisogno di “stimolare” l’appetito per chi quotidianamente doveva combattere la fame.
Dobbiamo aspettare il 1796.
Quando il signor Antonio Benedetto Carpano, (http://www.carpano.com/it/) proveniente da Bioglio Biellese, e a Torino come aiutante di bottega, con grande capacità e genio inventò, se così si può dire, un liquore prodotto con vino aromatizzato con china, che battezzò vermouth dal tedesco wermut, assenzio.
La novità piacque così tanto ai Torinesi che presero ad affollare la modesta bouvette di P.za Castello. Che divenne ben presto il ritrovo più frequentato della città.
Ma come sempre per decretare il successo di qualsiasi cosa è necessario che vi siano diversi fattori che si dirigano nella stessa direzione.
A Oxford nel 1650, Jabocs, un ebreo libanese, aprì la prima caffetteria, una novità assoluta per il tempo, l’attività ebbe un notevole successo tanto che, qualche decennio più tardi, a Londra si contavano oltre 2000 sale da caffè. Divennero note come Penny universities perché si pagava un penny per l’ingresso e si aveva la possibilità di bere caffè e restare a conversare per ore. Erano i luoghi delle novità grazie ai “runner”, reporter che correvano da un cafè all’altro annunciando gli ultimi eventi.
Ben presto tutta l’Europa fu contaminata da questi nuovi locali che divennero un crocevia di umori e notizie in costante cambiamento: da affari di stato a pettegolezzi locali e chiacchiere frivole sull’ultima moda.
Questi nuovi locali, punti di ritrovo e di cultura, dove la bevanda servita era il caffè segnano la fine della taverna, tra “il tramonto della civiltà del vino, fatta di deliri, ebbrezze, invasamenti, e l’inizio della civiltà del caffè, fatta di riflessione, meditazione, chiarezza di idee” (dal Caffè, periodico di Piero Verri).
Un cambiamento epocale. Il nuovo modo di apprezzare il vino, l’aperitivo, ha potuto trovare il terreno fertile. Un tocco diverso dettato dalla cultura e l’esclusività legata alla disponibilità economica.
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In questo periodo nacquero i prodotti che diedero un grande impulso alla popolarità dell’aperitivo.
Nel 1815, il signor Ramazzotti di Milano creò per primo un aperitivo a base non vinosa. Mise in infusione nell’alcol ben 33 fra erbe e radici provenienti da tutto il mondo. China sudamericana, rabarbaro cinese, arancia amara di Curaçao, arancia dolce di Sicilia, genziana della Val d’Aosta ecc. Creò uno dei più conosciuti e apprezzati aperitivi che ha riempito con la puntuale pubblicità i nostri “Caroselli”: L’amaro Ramazzotti.
In seguito a questi successi, a Pessione (To), il produttore di vini Martini, entrato in società col commendator Rossi, mise in commercio un altro tipo di aperitivo di sua invenzione: Moscato di Canelli in cui erano stati macerati melissa, sandalo, cannella, artemisia, violette, china, cardo, rose e origano.
Piaceva soprattutto alle signore, il Martini Bianco, perché dolce; quindi, per accontentare anche i rudi palati maschili, Martini e Rossi sostituirono il moscato con vini molto secchi, dando vita così al Martini Dry.
E’ nella città di Novara che il giovane Gaspare Campari (http://www.campari.com/it) inventa un nuovo liquore chiamato Rosa Campari. Un’infusione di erbe, piante aromatiche, frutta, alcol e acqua. Alla fine del 1860, Gaspare e la sua famiglia si trasferiscono a Milano per promuovere il Campari e la sua formula segreta per distinguerlo dal vermouth lo chiamò con un altro nome d’origine germanica: Bitter (amaro). Riescono a ottenere una licenza nella prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II. Aprirono un locale nel cuore della città e lo chiamano Caffé Campari. In questo periodo, Gaspare inventa il cocktail Campari più antico: l’Americano. Originariamente noto come il Milano-Torino. Grazie ai suoi due principali ingredienti: il Campari Bitter di Milano e il Vermouth di Torino. Questo drink fu più tardi chiamato Americano, negli anni del Dopoguerra.
Fu proprio all’inizio del 1900, a Milano, che l’aperitivo si trasforma in fenomeno sociale,
e il classico vermouth o bicchiere di vino, accompagnato dalle olive “infilzate”, lascia spazio ai numerosi cocktail alcolici, e non, che vengono abbondantemente creati, il più famoso dei quali fu inizialmente il Negroni, ideato nel 1919 a Firenze dal Conte Camillo Negroni che mischiò il Martini rosso con gin e Bitter Campari.
E’ sempre Milano la capitale dell’aperitivo che determina le mode e i gusti negli anni 60 e 70. A fianco dei numerosi cocktail, si fanno largo gli spumanti che, grazie alle nuove tecniche, avevano raggiunto una buona qualità. Dal rinato prosecco alla nuove tipologie di spumanti italiani.
Il classico Negroni viene alleggerito sostituendo il gin con spumante brut.
Negli anni ’80 si diffuse la moda dei cocktail sudamericani (Daiquiri, Margarita, Mojito) come aperitivo. Venivano utilizzati come ingredienti principali rum o tequila e frutta, come lime, cocco, maracuja.
Negli anni ’90 infine fece la sua entrata la vodka come base alcolica dei cocktail.
Continua………
1 commento
masoni mario · 19 Agosto 2014 alle 8:35
tutto buono, finalmente; però stavo cercando di capire per quale ragione stappando lo spumante e tenendo la bottiglia a 45° l’anidride carbonica esce con meno veemenza. Non ho ancora trovato la risposta.